L’adozione di nuovi strumenti “automatici” di supporto ai processi decisionali trova diffusione crescente in molti settori e, in tal senso, l’utilizzo di un algoritmo decisionale risponde all’esigenza di affrontare compiti complessi e di riuscire a pervenire a risultati soddisfacenti in tempi più brevi possibili.
Il desiderio di delegare le decisioni a una macchina è da sempre nell’immaginario collettivo, e rappresenta una seduzione molto attuale in un contesto in cui la gestione di big data mette a dura prova la capacità umana di trovare risposte.
Va, tuttavia, rimarcato come sia un errore credere che le tecnologie, anche quelle più avanzate di analytics, machine learning e intelligenza artificiale, possano da sole trovare la risposta a ogni quesito. Ciò che si va sempre più definendo è una separazione dei ruoli, in cui la componente umana e quella tecnologica concorrono, insieme, a produrre un risultato efficace in tempi compatibili con le finalità del processo.
L’algoritmo decisionale spiegato con una metafora
Un algoritmo decisionale è una “ricetta” matematica.
Come nella preparazione di un buon piatto, il risultato finale è condizionato dalla qualità degli ingredienti (data quality), dagli strumenti utilizzati per “cucinarli” (tecnologie e metodologie) e dall’esperienza. Dati e tecnologie sono, però, elementi necessari ma non sufficienti: ciò che davvero fa la differenza è proprio la ricetta (algoritmo) ovvero la modalità, il contesto e l’ordine con cui gli ingredienti vengono assemblati e cucinati.
Il tutto deve risultare compatibile con i tempi previsti per l’ottenimento del risultato e questo richiede compromessi: se si aspettano ospiti a cena per le 20 è inutile cominciare a cuocere uno stracotto alle 19:30 ed è meglio ripiegare su un vitello tonnato.
Algoritmo decisionale e contesto di applicazione
Fuor di metafora, è importante sottolineare che un algoritmo, per automatizzare efficacemente un processo, deve essere accompagnato da un’adeguata comprensione del contesto in cui viene applicato. Nell’ambito dei processi decisionali, sono proprio il contesto e la tipologia di risultato atteso che porteranno a identificare la forma di algoritmo più idonea da utilizzare.
Vediamo alcuni esempi degli algoritmi oggi più utilizzati.
Stabilire relazioni: albero decisionale e regressione lineare
Un tipico esempio di algoritmo decisionale è quello basato sugli alberi decisionali, che si ispira alla suddivisione dei rami di un albero. Si tratta di uno strumento di apprendimento supervisionato, in cui ogni passaggio propone una scelta, che condiziona la scelta successiva. L’iterazione continua fino ad arrivare a un risultato idoneo, composto da una serie di decisioni semplici e puntuali, da cui il “decisionale”, come, per esempio, identificare una relazione complessa fra molti attributi.
L’aspetto critico per la precisione di un algoritmo di questo tipo è il criterio con cui si suddividono i rami dell’albero: la precisione dell’algoritmo aumenta incrementando la profondità dell’albero, ma il rischio è di avere un eccesso di condizioni (overfitting) che pregiudicano le sue capacità predittive. La regressione lineare è un altro esempio di algoritmo decisionale molto utilizzato, in cui un modello statistico viene applicato per stabilire una relazione tra due o più variabili. Più precisamente, consente di stimare il valore atteso di una variabile (dipendente) al mutare dei valori di una serie di variabili (indipendenti) ottenute trasformando e selezionando quelle del dataset di partenza.
Scoprire e prevedere per gli algoritmi decisionali
Gli esempi di algoritmi citati presuppongono che si abbia una certa consapevolezza del tipo di risultato che si sta cercando.
Tuttavia, in molti processi di business il risultato che si sta cercando non è ben determinato. Se, a volte, l’obiettivo può essere di determinare il valore di un parametro di processo per aumentare il ritmo della produzione, altre volte le domande a cui un manager cerca risposta sono: Come riduco i costi? Come aumento le vendite? Come miglioro la sicurezza? La realizzazione di algoritmi capaci di affrontare queste sfide passa attraverso la scoperta di schemi e relazioni non evidenti all’interno dei dati e richiede la predisposizione di un modello che abbia la capacità di identificare le probabilità e l’evoluzione dei fenomeni di interesse.
Algoritmi decisionali e dati
Una serie di strumenti tecnologici può essere utilizzata per estrarre dati, ma la capacità di utilizzarli per descrivere i processi nel modo corretto ovvero di identificare i parametri significativi, le loro relazioni e l’impatto che possono avere sui processi di business è ciò che fa la differenza tra un algoritmo che fornisce previsioni utili e uno inefficace.
Si tratta di una competenza che richiede capacità matematiche e che, pertanto, non può essere a cura del personale IT che, al più, può avere le capacità per la gestione degli strumenti (per esempio software di data quality) necessari per estrarre i dati. Tanto meno è un processo che può essere fatto in modo automatizzato e delegato a un software: è necessario conoscere l’azienda e formalizzarne il know how, conoscere il mercato e disporre anche di un certo grado di creatività.
Algoritmi decisionali per ottenere un risultato di business
La condizione necessaria per predisporre un modello capace di fornire una rappresentazione corretta di un processo è la raccolta di dati significativi, la loro organizzazione, l’identificazione dei parametri rappresentativi. Solo così è possibile predisporre algoritmi di elaborazione automatica in grado di fornire risultati coerenti. La matematica permette di formalizzare anche queste componenti a patto, naturalmente, di essere in grado di tradurre al meglio la conoscenza delle persone e la loro esperienza in un modello affidabile e robusto. Si tratta di un lavoro che richiede metodo, competenza ed esperienza. E questo è il compito degli “chef matematici”.
Come migliorare gli algoritmi decisionali
Una volta definito il modello del processo e messa a punto la struttura dell’algoritmo, il decisore potrà dedicarsi a valutare scenari “what if”, modificando alcuni parametri di ingresso e osservando l’impatto delle diverse condizioni in modo da prendere decisioni motivate, per sfruttare al meglio un’opportunità o mitigare un rischio. Questa struttura “dati-modello-soluzione” non è solo efficace, ma anche flessibile e può essere utilizzata e riutilizzata in molteplici contesti e situazioni.
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